MORTE DELLA MIA
PRIMA DIMORA Morte della mia prima dimora
Nacqui viva e
furiosa
mordendo il latte
avvelenato
di seni che non
volli
mai
lasciare
Nacqui feroce
e macchiata
scacciata
ferendo tempie
con occhi di bimbo
che ancora non
si sanno
chiudere
E Tu
mi hai mandato
a nascere morta
e senza riparo.
Ed era febbraio,
era febbraio.
IL
DOLORE CHE MI ABITA NON È PIÙ CARNE
(Ciudad de Guatemala, 2004)
Maledetta
sia la pioggia
e la morte e l'infanzia
maledetto sia il sudore
le cosce e i fianchi
maledetta sia la parola
e
tutti i sensi che si trascina
maledetta sia la mia felicità
e la mia arte se mai dovessi averne
maledetti siano mia
madre
e mio padre che non mi hanno mai voluto così
e maledetti siano quelli che leggono queste parole
e che la mia
penna
resti muta,
che la mia penna resti muta
e non gridi più.
SERBARE
(IN MEMORIAM)
Vivo la vita
ricordata dalla mia bisnonna.
Lei in
me amò e deluse,
appese le viscere al vento,
spazzò il pavimento con i capelli.
I suoi piaceri tolsero la polvere
dalla cassapanca,
si mise a letto con la mia stirpe.
Io, invece,
viaggerò con valige cariche dei suoi sogni,
sussurrerò
all’orecchio
dei suoi amanti,
farò il bagno nell’acqua calda
che lei tanto desiderò,
mi laverò la
sua faccia con mani
inschiumate di sapone prezioso,
mi metterò la crema sulle sue gambe
per idratarle dopo questi
cent’anni
d’oltretomba,
mi dipingerò le sue unghie di
smalto scarlatto
e andrò a letto con i suoi progenitori.
Verrà il passato e
mi troverà morta
con i capelli sparsi nella polvere
e
le dita dei piedi
smaltate di rosso.
E contenta, Dio mio,
contenta.
NIENT'ALTRO CHE FUOCO nient’altro
che fuoco
Di sì che voglio scrivere
ma mi escono braci
e mi sanguina
il naso.
Sì voglio scrivere e ci provo
intingendo le
parole in inchiostro di limone
ma bruciano gli occhi e inaridiscono le mani.
Di sì , sì ti ho detto,
voglio scrivere
ma la penna brucia
e le scintille appiccano fuoco al foglio
e il legno dello scrittoio si annerisce
e cade a terra
la cenere
con la mia ispirazione
e mi esce fumo dalle dita
e la mia poesia è fuoco,
nient'altro che fuoco.
TEMPESTA
TROPICALE Tempesta tropicale
(Cataratas de Iguazú, Misiones)
Le gocce
come perle effimere
si staccano dal parapetto;
trascinati dall’acqua
piovono
anche fiori,
chiodi di pioggia
trafiggono il prato
che
non ha rimedio alla tormenta
e si gonfia di fango.
Gli uccelli non cantano,
solo le nubi gridano.
Carpire al diluvio
solo
la sua esattezza
e la sete delle radici.
Meduse
(Cuba, 2005)
RITORNELLO
DEL PAUROSO Ritornello del pauroso
Alla chetichella
è arrivata la stella
con
lei affondo
nel mare profondo
con lei giro
attorno al mondo
e alla morte
in un secondo.
SOROA
Partorisco i miei
versi come
papaveri
in
una valle di
fiori bianchi,
sanguinano le
parole e lasciano macchie
che sbocciano,
spargo poesie
nel
giardino
immacolato.
Ma è la poesia
che partorisce me.
Aguavivas
(Cuba, 2005)
STELLA
MARINA
Vieni a leccarmi i piedi, onda
risucchiami in un
abbraccio
di pesci
grigi
baciami i fianchi
con le tue labbra
fresche d'acqua,
legami
con le alghe
le caviglie,
riempimi
del tuo
sale gli occhi
e la bocca,
con schegge
di goccia feriscimi
la pelle,
succhiami le spalle
con
forza,
bruciami le ciglia
col tuo sole,
colpiscimi la nuca con
i tuoi freschi schiaffi;
con te
so che vincere
non
posso,
tuttavia
non mi macchierai,
nè resterà vuoto
il mio scrigno inerme
e azzurro.
zERO
Sto
sfamando corvi
nel tuo petto,
sfamando corvi
e granchi,
finché
marcisca
nella risacca
l'uragano.
Epilogo di lacrime
SEI DI SERA
Quando arriverà la mia morte
saranno le sei di sera,
sarò vestita di porpora
e pronta,
con occhi scintillanti
le darò il benvenuto.
Scriverò sulla sua fronte
la mia ultima poesia,
questa,
e
come ringraziamento
lei mi lascerà
ancora
in vita,
finchè la poesia
non si prosciughi
in me.